A pochi giorni dal 28 giugno, a Bologna si respira una malsana aria di normalizzazione e di espulsione di tutte quelle soggettività eccentriche che per tanti anni in uno spazio autogestito hanno rivendicato nelle modalità più favolose la loro r/esistenza.
Atlantide può rivendicare orgogliosamente un lungo percorso capace di intrecciare pensiero critico e pratica politica, ricerca e sperimentazione di linguaggi, capacità di sguardo altro rispetto ai modelli binari di genere attraverso una costante lotta antisessista e antirazzista. Atlantide è un luogo di libertà, vi hanno trovato casa corpi e idee altrimenti difficilmente collocabili perché fuori dal “coro” istituzionale, eppure così ostinatamente vitali nel rifiutare una rappresentazione cristallizzata e di comodo di femministe, lesbiche e omosessuali “per bene” rispondenti a una logica che li vuole forza produttiva del mercato, gruppo di consumo e categorie deboli da proteggere-rinchiudere in qualche riserva di caccia, possibilmente nelle periferie, così da non fare troppo rumore.
Alla posizione non “conciliata” delle soggettività di Atlantide, l’amministrazione comunale risponde appellandosi alla norma convinta che il solo possibile riconoscimento di Atlantide passi attraverso la sua inclusione nel sistema istituzionale, minando così la specificità stessa di Atlantide. La linea dura e perentoria del Comune non sembra lasciare molti margini; il rischio è la desertificazione politica e culturale.
Maschile plurale, come esperienza di riflessione sulla maschilità, sui modelli di genere normativi, sulle relazioni tra donne e uomini, ha sempre riconosciuto in Atlantide, pur nella differenza dei percorsi e di pratiche, un soggetto importante con cui dialogare, scontrarsi, incontrarsi e per questo il gruppo bolognese di Maschile Plurale esprime la piena solidarietà a Atlantide.