Un altro muro democratico nella città della collaborazione

Ieri mattina in Bolognina si è svolta una violentissima operazione di sgombero e il quartiere è stato inghiottito per molte ore dallo stato di eccezione neoliberista. Con la complice insipienza del governo politico della città, la gestione bolognese del cosiddetto “ordine pubblico” è riuscita a negare contemporaneamente: il diritto alla casa alle 84 persone che da due anni e mezzo autogestivano i propri bisogni negli stabili occupati di via Mario De Maria 5 e 7, il diritto di cronaca a giornalisti e giornaliste, il diritto a raggiungere il presidio sanitario di via Tiarini a cittadine e cittadini e il diritto al transito a lavoratori e lavoratrici pendolari.

Mentre per il Comune lo sgombero si sarebbe svolto “serenamente”, dunque, la realtà dei fatti ci dice tutt’altro. Per ristabilire più efficacemente i privilegi della proprietà privata e il suo “diritto” alla speculazione, alle consuete manganellate sulle teste sono stati aggiunti l’utilizzo di spray urticanti contro le/gli occupanti resistenti, bambini compresi, il sequestro dei telefoni per cancellare foto e video che testimoniavano la brutalità dello sgombero e l’inseguimento di corsa, persino tra le auto, del presidio solidale, caricato più e più volte per allontanarlo e disperderlo. Così come, con metodi solo apparentemente meno violenti, l’intervento postumo, emergenzialista e normalizzante del Comune ha fatto in modo che i legami sociali costruiti in anni di vita in comune venissero spezzati, che la comunità sgomberata venisse smembrata, separata e ostracizzata dalle mura cittadine. A un anno dallo sgombero di Atlantide, dopo un’ininterrotta e sempre più violenta serie di sgomberi, vengono eretti altri muri: si impone così, ancora una volta, il progetto “democratico” di città che cerca di costruire una società civile a propria immagine e somiglianza attraverso la retorica della “collaborazione civica” mentre criminalizza le esperienze sociali quando si autorganizzano per cercare di resistere ai processi di gentrificazione ed esclusione sociale in corso in città. La “legalità” e il “rispetto delle regole” si configurano, oggi più che mai, come uno spietato strumento di produzione, riproduzione e legittimazione delle diseguaglianze sociali. Diventa quindi sempre più urgente mettere in campo una potente risposta comune che dia valore alla resistenza collettiva e alla solidarietà, oltre gli steccati dell’attivismo, per costruire un altro genere di città.

Le Atlantidee

 
viademaria5
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